CANTAMI, O DIVA, DEL PELIDE ACHILLE L’IRA FUNESTA…..

GRECIA 2004 – le isole degli Dei

 

Grecia, terra di dei e di eroi, di artisti, di grandi guerrieri e di filosofi. Qui è nata la cultura occidentale, da qui vengono le nostre origini.

Un viaggio in Grecia accontenta tutti i palati: vi si trovano l’archeologia, la storia, i paesaggi  montani, il mare costellato da bellissime isole, la tranquillità di una spiaggia solitaria o la vita notturna più intensa.

Maggio 2004. Abbiamo otto giorni di ferie, che uniti al sabato e alla domenica divengono dieci; dopo aver preso in considerazione varie mete, decidiamo di usarli per rivedere la sempre bellissima Grecia.

Questo paese è stato la prima meta mia e di Enzo, nell’ormai lontano 1993, quando ci siamo conosciuti ed abbiamo iniziato a viaggiare in moto; durante quella vacanza abbiamo girata la Grecia in lungo e in largo per visitarne i bellissimi siti archeologici e le splendide isole. Negli anni seguenti l’abbiamo attraversata tante volte, nei nostri viaggi verso il Medio Oriente e l’Asia. Tornare in Grecia, oltre a rappresentare un viaggio verso le nostre radici storiche e culturali più profonde, è per noi ogni volta come un ritorno “a casa”.

In dieci giorni vogliamo riuscire a vedere due isole, quindi decidiamo per la bellissima Santorini  e per la verde Corfù.

Abbiamo appena comprato l’Africona, ma nonostante le mie insistenze, Enzo non ne vuol sapere di portarla in Grecia perché è terrorizzato dai ladri di moto, che effettivamente colà abbondano. Pertanto, si parte col vecchio Tenerè che, poverino, non fa più gola a nessuno.

Tornare sulla vecchia moto dopo aver provato l’Africa Twin è un trauma: è tutta una vibrazione, è rumorosa e la sella è scomodissima, inoltre procediamo ad una velocità di crociera di massimo 80 chilometri orari, perché la moto è vecchia e Enzo, che le è molto affezionato, non vuole affaticarla. Rimpiangendo molto l’Africa Twin, imbocchiamo l’autostrada che ci porta ad Ancona.

È venerdì, primo giorno della nostra vacanza. Ci imbarchiamo, e alle 15.00 la Superfast VII parte dal porto di Ancona, diretta a Igoumenitza e poi a Patrasso.

Il mattino seguente, sabato, sbarchiamo a Patrasso circa alle 11.00, e ci avviamo con tranquillità verso Atene, che dista circa 200 chilometri. Ci fermiamo a mangiare souvlaki al canale di Corinto, in un piccolo chiosco sulla strada, e ripartiamo. Nel primo pomeriggio arriviamo ad Atene, gigantesca e grigia metropoli, sulla quale domina fiera e imponente l’Acropoli, sinonimo di arte e cultura in tutto il mondo. Troviamo posto all’Hotel Plaka, un tre stelle situato proprio in una delle viuzze di Plaka, l’antico e caratteristico quartiere che sorge ai piedi dell’Acropoli, pieno di stradine strette, bancarelle colorate e taverne. Il tempo di una doccia veloce e siamo già pronti: anche se non è la prima volta, vale sempre la pena visitare il centro storico. Scendiamo in strada: fortunatamente è caldo, si sta bene in maglietta. Quando siamo partiti dall’Italia, c’erano continue perturbazioni, piogge e correnti di aria fredda, pertanto ci siamo portati anche maglioni e giacche da moto pesanti.

Dopo aver girovagato per le stradine di Plaka, ci avviamo verso l’Acropoli; edificata in tempi antichissimi su uno dei colli di Atene, con lo scopo di farne una cittadella fortificata ed il primo castello dei re della città, divenne in epoca classica un monumento alla”humanitas” greca.

L’aspetto attuale risale all’epoca d’oro di Atene e della Grecia, il V° secolo a.C., l’epoca di Pericle.

L’ascesa alla scalinata degli imponenti Propilei è sempre quanto di più suggestivo si possa immaginare: realizzati in marmo bianco, costituiscono l’entrata monumentale dell'Acropoli, e sono composti da un corpo principale e da due ali avanzanti. La parte centrale dei Propilei forma un rettangolo di proporzioni assai vaste, preceduto da un porticato dorico. Sotto quest'ultimo passava la Via Sacra, percorsa dalle processioni Panatenee e dagli animali sacrificali. La struttura architettonica dei Propilei è singolare, in quanto l’ala sud, molto più piccola di quella nord, risulta asimmetrica. Alla vista, tuttavia, percorrendo la rampa della Via Sacra, l'asimmetria non si nota. Finalmente, tra le possenti colonne doriche comincia a delinearsi la veduta della facciata ovest del Partenone, massimo capolavoro dello stile dorico, voluto da Pericle durante l’apogeo della potenza di Atene e abbellito dalle pregevolissime statue del più grande tra gli scultori dell’antichità, Fidia. Si tratta di un tempio dorico periptero, cioè circondato da un colonnato, ottastilo, (8 colonne sulla facciata), e munito di due frontoni. All’interno due locali erano adibiti rispettivamente al culto della dea Atena e alla custodia del tesoro. Il fregio esterno, come in tutti i templi dorici, era decorato da triglifi (ornamenti a tre scanalature verticali) e da metope (pannelli rettangolari disposti in alternanza ai triglifi), dipinti in prevalenza di rosso e di blu. Di queste sculture purtroppo sul posto sono rimasti pochi resti, tuttavia sufficienti, assieme agli altri custoditi nel Museo dell’Acropoli, a testimoniare la bellezza artistica di tutto il complesso. Nella parte più recondita del tempio, in un angolo della cella del Naos, si ergeva la statua di Atena Parthenos; costruita da Fidia in oro e avorio, era alta 12 metri. La statua purtroppo è andata perduta, ma si sono salvati però, nonostante le ingiurie del tempo, dei Turchi e dei Veneziani, che presero il Partenone a cannonate, alcuni bassorilievi, in gran parte conservati al British Museum di Londra; il famosissimo fregio ionico delle panatenee, che correva tutto interno alla cella, molte metope e alcune sculture a tutto tondo, anche se molto rovinate, dei due timpani.

Giriamo intorno al grande tempio, da anni parzialmente coperto di impalcature per il restauro: dal lato sud delle mura di cinta dell’Acropoli si possono ammirare i due teatri sottostanti; quello di Erode Attico, di epoca romana, restaurato e attualmente usato per spettacoli, concerti e rappresentazioni di drammi antichi, e a fianco quello di Dioniso, il cui aspetto attuale risale all’epoca classica, aperto solo alle visite archeologiche. Più oltre, lo sguardo spazia sulla grandissima città, fino al mare: si vedono in lontananza le navi ormeggiate al Pireo, e a quest’ora del tardo pomeriggio, il sole già basso sull’orizzonte fa apparire l’Egeo come uno specchio d’oro sul quale galleggiano, apparentemente sospese nell’aria, le lunghe navi nere. Se lasciamo libertà all’immaginazione e alle nozioni di mitologia, potremmo vedere la nave di Teseo, che torna da Creta dopo aver ucciso il Minotauro, e il padre Egeo che lo aspetta dall’alto dell’Acropoli scrutando il mare, per poi gettarsi nel vuoto credendolo morto alla vista della vela nera.

Dal lato opposto delle mura si trova il tempio chiamato Eretteo, antichissimo e ancestrale luogo di culto degli ateniesi. Qui si veneravano i leggendari fondatori della città e l’ulivo sacro ad Atena, e anche ora un ulivo cresce all’interno del recinto del tempio. Qui erano visibili le tracce lasciate dal colpo di tridente di Poseidone e si riconosceva il posto in cui Eretteo era stato ferito. Dal punto di vista artistico la parte più interessante è rappresentata dal Portico delle Cariatidi; sei statue di donna, in sostituzione di sei colonne, assolvono con grazia alla loro funzione di sostegno. All’estremità opposta, la loggia nord con il suo elegante colonnato è uno dei capolavori dell’arte attica; importante e sacra, custodiva racchiusa in una piccola cripta la roccia segnata dalla folgore di Zeus.

Tornando verso i Propilei, notiamo un allarmante vuoto sul lato sinistro della cittadella: non è più al suo posto il tempio di Atena Nike, piccolo ed elegante monumento, chiamato anche tempio della Vittoria Aptera (senza ali). Fu costruito dall’architetto Callicrate, nella seconda metà del V secolo a.C. Eretto interamente in marmo alla sommità di una torre, costituisce uno dei tratti notevoli del panorama dell’Acropoli, di cui segnala con grazia incomparabile l’entrata principale. Il tempio si compone di un solo locale che racchiudeva la statua del culto, riproduzione di un’antica statua in legno probabilmente distrutta dai persiani nel sacco di Atene.  Probabilmente il piccolo tempio è stato completamente smontato per essere restaurato e poi rimesso al suo posto, ma la sua mancanza lascia un vuoto incolmabile nell’armonia architettonica dell’Acropoli.

Scendiamo verso il caos di Atene moderna e visitiamo l’Agorà. Gli antichi greci consideravano barbare le città sprovviste di agorà, per questo tutte le città elleniche ne avevano una e quella di Atene era la più importante. Essa era il centro della vita pubblica, la piazza dove si concludevano gli affari, il fulcro delle relazioni sociali ed artistiche. Su quest'area si disputarono le prime gare atletiche e i primi concorsi di drammaturgia. Oggi l'agorà si presenta come un labirinto di muri, pietre, fondamenta di abitazioni.
All’interno dell’area archeologica dell’Agorà sorge il bel tempio di Efesto. È il santuario greco meglio conservato, dedicato ad Efesto, dio del fuoco e dio fabbro. Il luogo fu originariamente occupato dai fonditori di metalli, era dunque naturale che vi si venerasse l'inventore della metallurgia. La facciata principale del tempio era decorata con scene della vita di Eracle, mentre i fregi dei muri laterali riportano le imprese di Teseo.

Ritorniamo verso l’entrata dell’Acropoli, in direzione dell’arco monumentale dell’imperatore Adriano e del retrostante tempio di Zeus Olimpico. Questa strada, un tempo piena di traffico, è stata trasformata in isola pedonale, e finalmente si può passeggiare indisturbati all’ombra dei monumenti più importanti tra quelli che costituiscono il patrimonio artistico dell’umanità; inoltre, in questo modo essi vengono preservati dall’inquinamento atmosferico che stava deteriorando il prezioso marmo. Compriamo qualche souvenir e ritorniamo verso l’hotel; durante il tragitto notiamo che l’Africa Twin è una moto amatissima in Grecia, infatti ne vediamo tante, parcheggiate o in giro per la città. Ne incontreremo molte altre, anche in altre località elleniche.

Si è fatta l’ora di cena, e ci fermiamo in una taverna tipica. Mangiamo insalata greca, tzatziki, dolmadakia e souvlaki, e andiamo a dormire presto. La sveglia domani mattina, domenica, è alle 5.00; il traghetto per Santorini parte alle 6.30, e abbiamo appena il tempo di arrivare al Pireo e di imbarcarci.

La nave della compagnia greca Blue Star è puntualissima. Siamo in navigazione verso Santorini; Enzo come sempre dorme, con la testa appoggiata sul tavolo di plastica di uno dei ponti superiori della nave, dopo aver bevuto l’abituale “frappè” (quello che i greci chiamano “frappè” è praticamente un caffè shakerato). La nave fa scalo a Paros e a Naxos. A mezzogiorno mangiamo un hamburger; tra poco dovremmo essere in vista di una delle isole più famose del mondo, infatti la traversata Pireo-Santorini dura circa 6 ore. In effetti, dopo poco c’è agitazione tra i passeggeri, e tutti si portano sul fianco sinistro della nave: è apparsa la sagoma inconfondibile dell’isola, l’altissima scogliera vulcanica di roccia rossa e nera, e sulla cresta del dirupo scosceso si possono già scorgere le casette tutte bianche, in puro stile cicladico, delle cittadine di Oia e Firà. La nave lentamente entra nella mezzaluna formata dall’isola, a sinistra sempre l’altissima scogliera e a destra la Caldèra, la bocca del vulcano, ancora attivo, che esplose nel 1520 a.C., sprofondando tre quarti dell’isola sotto le onde inquiete dell’Egeo e spazzando via per sempre, con l’onda anomala creatasi, la civiltà minoica sull’isola di Creta.

Lo spettacolo è incomparabile. La nostra nave percorre per l’intera lunghezza la scogliera e va ad attraccare al porto: saliamo a cavallo del prode Tenerè e sbarchiamo, poi seguiamo la strada in ripida salita che porta a Firà, il paese capoluogo dell’isola. Man mano che la strada sale, il panorama cambia, e si possono osservare nuovi scorci, sempre più belli, sulla scogliera e sul vulcano.

Arriviamo a Firà, piccolo paese di bianche casette, e iniziamo a cercare una sistemazione per dormire. Proseguiamo ancora un po’ fuori dal paese, perché vorremmo evitare i luoghi troppo affollati; incontriamo la frazione di Firstostèfani e io noto il cartello di un residence. Si chiama Blue Dolphin, costruito nella tipica architettura delle isole cicladi, tutta bianca e azzurra. Ci fermiamo a chiedere, e hanno proprio una camera libera; si tratta in verità di un appartamentino con cucina, bagno e camera da letto, anch’esso realizzato e arredato secondo lo stile tipico di Santorini.  Affacciandosi alle finestre, la vista è stupefacente: siamo proprio sulla scogliera di fronte al vulcano, sotto di noi passano lenti i traghetti e le navi da crociera. Non potevamo trovare di meglio, siamo veramente entusiasti; in più, essendo in maggio, quindi non ancora in alta stagione, il prezzo che ci chiedono per questo bellissimo appartamento è veramente modesto: 50 € al giorno, compresa la prima colazione. Scarichiamo la moto, ci cambiamo e, a piedi, iniziamo la passeggiata lungo il sentiero che, costeggiando il dirupo, conduce a Firà. Ci sono già turisti in giro: inglesi, francesi, americani, ma nessun italiano in questa stagione. Il cielo è sereno, azzurro intenso, ma l’aria è fredda, tanto da obbligarci ad indossare sia la felpa che la giacca da moto. Firà è poco più grande di un paese, ma è il centro più importante dell’isola. Ci sono alberghi, negozi di ogni genere, taverne, bar, molti di essi hanno terrazze sulla scogliera, con la bellissima vista della Caldèra.

Facciamo venire l’ora di cena, e ci fermiamo in una deliziosa taverna fuori dal centro di Firà, in direzione di Firostéfani, con terrazza e vista sul vulcano. Il cibo non è eccezionale e il conto è piuttosto salato, ma nei luoghi molto turistici questa è quasi la regola. In compenso, la veduta notturna del mare che riflette la luna, in fondo alla baia, e le luci dei paesi dall’estremità opposta del ferro di cavallo dell’isola, è impagabile.

Andiamo a dormire: non ci aspettavamo questo clima piuttosto freddo, in maggio, in Grecia, e dobbiamo estrarre dall’armadio i panni per il letto. Il caldo del primo giorno, ad Atene, è stato un’illusione.

La mattina seguente, lunedì, ci svegliamo sotto un temporale. Dall’alto della nostra stanza vediamo il cielo pieno di sinistri nuvolosi grigi e la pioggia che scroscia nel mare sottostante e sulla città di Firà. Siamo piuttosto preoccupati per la nostra vacanza, ma fortunatamente il temporale è brevissimo, il vento spazza via le nubi e il sole brilla nuovamente. Quindi siamo pronti a visitare l’isola; con il Tenerè scarico dal peso dei bauletti, andiamo ad affrontare il primo sito interessante. Si tratta dell’antica città di Thira, dorica, divenuta nel III° secolo a.C., sotto i Tolomei, una potente base navale; vi si trovano resti di terme, teatri, altari e santuari.

Per raggiungere questo luogo dobbiamo percorrere una strada in forte salita, tutta curve e tornanti e la cui pavimentazione è costituita da un acciottolato di porfido piuttosto sconnesso. Enzo borbotta e mugugna perché non si fida delle prestazioni del vecchio Tenerè e teme che non ce la faccia a salire; inoltre le gomme sono un po’ lisce e l’acciottolato estremamente scivoloso. A un certo punto sbotta: “Qui ci voleva l’Africona…” “Ecco, appunto, sempre il senno del poi” … penso io … “se avessimo preso l’Africa…” però non voglio fare la disfattista né tanto meno quella del “te l’avevo detto” quindi lo incoraggio: “Ma sì che ce la facciamo, non vorrai mica fare tutta questa salita a piedi!!”

Enzo non è convinto, però l’idea di percorrere senza moto quella salita così ripida è un grosso deterrente, così come lo sono le facce distrutte dei turisti che incontriamo, che stanno salendo appiedati.

Insomma, per farla breve, la vecchia moto ce la fa benissimo ad arrivare in cima, a dispetto di tutte le nostre preoccupazioni.

Sfortunatamente capitiamo proprio nel giorno di chiusura del sito, e ci accontentiamo della splendida veduta dall’alto del monte sulla spiaggia di Kamàri, sottostante, che si trova sul lato opposto di Santorini rispetto al vulcano. È una spiaggia di sabbia nera, come tutte quelle che si trovano sulle isole vulcaniche; anche se c’è un bel sole adesso, il vento è ancora freddo come ieri, forse anche di più, e solo pochi coraggiosi osano stare in spiaggia a prendere il sole. Dopo aver scattato un po’ di foto, scendiamo nuovamente verso il basso e costeggiamo la spiaggia nera che vedevamo dall’alto, semideserta a causa del freddo, fino a dove finisce, contro al fianco di una montagna di roccia rossa e nera. Più in basso è molto meno freddo; ci fermiamo a raccogliere un po’ di sabbia nera per la nostra collezione, e stiamo un po’ sulla riva del mare a goderci la solitudine e la tranquillità. Poi ripartiamo per il periplo dell’isola. Ci dirigiamo verso la parte sud, dove si trova il faro. È inutile ripetere che i panorami sono bellissimi, da qualsiasi angolazione si guardi questa isola unica al mondo.

Visto che è già ora di pranzo e gli stomaci si fanno sentire, ci fermiamo a mangiare in un ristorante isolato, posto su un picco di roccia sul mare. Ce l’ha indicato il proprietario del nostro appartamento, e ci ha detto che si mangia bene. In effetti è vero, mangiamo bene spendendo poco, il locale è tipico e, anche qui, la vista è splendida. In questo luogo siamo praticamente all’estremità sud del ferro di cavallo, e la famosa scogliera la vediamo quasi frontalmente, in lontananza, mentre in primo piano c’è la Caldèra.

Dopo pranzo arriviamo a vedere il faro, poi torniamo indietro, fermandoci spesso, quasi ad ogni curva, a fotografare gli scorci panoramici sempre nuovi. Ritornando verso il centro dell’isola, seguiamo le indicazioni e arriviamo al sito archeologico dell’antica Akrotìri. Qui si possono ammirare i resti di una città minoica, distrutta dall’eruzione del vulcano nel 1520 a.C., ben conservata, con edifici a due o tre piani, piazze, negozi, laboratori; le bellissime pitture murali recuperate sono conservate nel museo nazionale di Atene.

 Finita questa visita, proseguiamo ancora e ci fermiamo alla vicina spiaggia di Exomitis, tutta sabbia e rocce rosse e nere, a scattare ancora qualche foto. Poi ci dirigiamo all’estremità nord di Santorini, al paese di Oia. Comincia ad imbrunire, il sole è una palla di fuoco bassa sull’orizzonte; le casette bianche di Oia, arrampicate in cima alla scogliera, cambiano colore e divengono rosa e arancio. Passeggiamo per il minuscolo paese curiosando nei negozi e tra le bancarelle che vendono un po’ di tutto, dai souvenir più dozzinali ai gioielli più raffinati. Dopo aver a lungo ammirato e fotografato il suggestivo tramonto, ceniamo in una taverna sul viale principale del paese. Tutti gli altri avventori se ne stanno rintanati all’interno, perché tanto per cambiare fa freddo; noi però, stoici, vogliamo a tutti i costi cenare osservando il passeggio, perciò ci facciamo apparecchiare in una terrazzina all’esterno. Dopo cena e dopo un altro po’ di bighellonaggio, riprendiamo la moto e ce ne andiamo a dormire.

Il mattino seguente c’è un bel sole, ed è fortunatamente un po’ più caldo dei giorni precedenti.

Martedì; oggi andiamo in barca a visitare il cratere del vulcano. Riesco a convincere Enzo ad effettuare questa escursione; non si capisce perché, ma si ostina a dire che non è interessante e che secondo lui non vale la pena. Gli uomini sono incomprensibili a volte; alla fine si è divertito un modo ed è tornato entusiasta.  

Andiamo a Firà e giriamo guardando vetrine per far venire l’ora dell’imbarco. Pranziamo in una taverna tipica, sempre indicata dal nostro padrone di casa, e anche qui mangiamo benissimo. Finalmente è giunta l’ora; scendiamo al porto dalla scalinata composta da un centinaio di gradini, passando in mezzo ai numerosi muli e ai somarelli fermi ad aspettare clienti, o che stanno già trasportando turisti su e giù dalla scalinata.

In questo porto, chiamato Skàla, attraccano le barche di piccole dimensioni, mentre i traghetti hanno un loro porto più lontano lungo la costa, nella località chiamata Athiniò, dove noi siamo sbarcati.

Dopo una breve attesa la nostra barca arriva. Enzo ha ancora il muso lungo perché non voleva fare questo giro, comunque ci imbarchiamo sulla snella e lunga barca a vela ad un albero. Siamo una decina di persone in tutto, compresa la guida che ci porterà al cratere del vulcano, e il timoniere dell’imbarcazione. Nessun italiano. La traversata da Skàla a Nea Kammeni (questo è il nome dell’isola sulla quale si trova il cratere del vulcano) dura circa venti minuti; una volta arrivati, la barca si ferma ad un pontile di legno costruito tra le rocce laviche nere e rosse e ci fa scendere. La ragazza greca che ci fa da guida ci indica i sentieri da seguire per arrivare al cratere, che in certi punti ancor fuma, e ci mostra panorami incomparabili su Thira (Santorini), Thirassià, Palìa Kammèni e Aspronissi, le isole e isolotti creati dall’esplosione del vulcano nel 1520 a.C. Ci ricorda che nel 1956 c’è stato un nuovo violento terremoto, che ha danneggiato irreparabilmente i centri abitati di Thira e Thirassià.

Al termine della visita torniamo a bordo, quindi la barca riparte. Circumnavighiamo la Caldèra fino ad una piccola insenatura dove l’acqua non è blu ma di un verde chiarissimo e cristallino: ci spiegano che è una sorgente di acqua calda che fuoriesce dal vulcano, e chi vuole può fare il bagno. C’è un'altra barca nell’insenatura, un bel tre alberi, e alcuni dei suoi passeggeri si stanno tuffando nell’acqua calda. L’aspetto dell’acqua è sicuramente invitante, però l’idea dell’aria piuttosto fresca che c’è all’esterno ci fa desistere subito. Dopo questa sosta la barca si avvia verso il largo, in direzione dell’estremità nord di Santorini; passiamo sotto il paese di Oia, mentre il sole tramonta nel mare. Scatto una interminabile sequenza di foto, perché lo spettacolo è veramente meraviglioso. Una volta che il disco solare si è completamente immerso, la barca gira nuovamente la prua verso Firà. Enzo, che alla fine si è stato entusiasta della gita, osserva attentamente il nostro timoniere all’opera, il quale, dopo un po’, gli lascia il timone nelle mani si allontana ridacchiando. Enzo è un po’ preoccupato, ma poi l’eccitazione e il divertimento lasciano in breve il posto alla preoccupazione; si impegna molto a cercare di mantenere la direzione della barca, che sta puntando verso il porticciolo di Firà, mentre io e tutti i passeggeri speriamo che il timoniere torni in tempo per riprendere il controllo della situazione.

Così è, infatti, con grande dispiacere di Enzo.

Scendiamo dalla barca ormai col buio, in alto sopra di noi le luci di Firà ricordano quelle di un presepe. Per risalire al paese utilizziamo la teleferica, della quale riusciamo a prendere appena in tempo l’ultima corsa.

Mercoledì mattina, di buon ora, a malincuore lasciamo la bellissima isola, e ci imbarchiamo in direzione Pireo. Sbarchiamo nel primo pomeriggio e ci mettiamo subito in strada con direzione Patrasso.

Pochi chilometri prima di Patrasso c’è il paese di Rion; da qui partono piccoli traghetti che in pochi minuti portano veicoli di tutti i tipi dall’altra parte del golfo. Ne prendiamo uno, sbarchiamo al paese di fronte, che si chiama Antirion, e riprendiamo la strada in direzione nord ovest. La nostra destinazione è Igoumenitza, dalla quale traghetteremo a Corfù. L’ora si sta facendo tarda e, come sempre è molto freddo; desistiamo dall’idea di arrivare a Igoumenitza stasera e ci fermiamo a pernottare nel paese di Amphilochia, sul golfo di Ambracia. È un piccolo paese, grazioso, non turistico. Ci sono solo due alberghi qui, e ci fermiamo nel primo che troviamo, l’Hotel Oscar. È un hotel tre stelle, e dall’aspetto esterno e dalla hall sembra carino. In realtà le camere sono tristi e squallide, ma dobbiamo solo dormire poche ore.

Siamo più fortunati nella scelta del ristorante; ce ne sono diversi sul lungomare, entriamo in uno a caso e riusciamo a gustarci un’ottima cena di pesce per soli 10 €. In Grecia è ancora possibile mangiare a prezzi modici, basta stare alla larga dalle località afflitte dal turismo di massa.

Giovedì. Partiamo presto, e in tarda mattinata siamo a Igoumenitza. Per Corfù, che si trova proprio di fronte, a circa mezz’ora di navigazione, parte un traghetto ogni ora. Riusciamo appena in tempo a prendere quello che è in partenza tra pochi minuti: anche stavolta ci è andata bene.

L’avvicinamento a Corfù ci conferma quello che avevamo letto su questa isola. Il suo aspetto non ha nulla a che vedere con quello delle Cicladi, delle Sporadi o del Dodecaneso; essendo stata in passato sotto la dominazione veneziana, la città di Kèrkyra, capoluogo dell’isola, ricorda moltissimo l’architettura italiana. Anche la natura è molto diversa; il territorio non è arido e roccioso, ma verdissimo di alberi e arbusti di ogni tipo.

Pranziamo in nave con un panino. Appena sbarcati, mentre siamo in moto fermi ad un semaforo veniamo avvicinati da un ragazzo che ci propone una camera in affitto a 25 € al giorno. Il prezzo è veramente conveniente, ma Enzo, diffidente come sempre, preferisce proseguire. Poco dopo veniamo affiancati da un altro ragazzo in motorino che offre camere, queste addirittura a 20 €. Fortunatamente Enzo decide di andare a fare un sopraluogo: la camera si trova a Villa Rosa, complesso costituito da una palazzina più alcune casette, con un giardino privato e una bella piscina, in una zona verde e tranquilla a cinque chilometri dal centro della città. Il ragazzo, che si chiama Giorgio, ci mostra una camera nella palazzina e una delle casette; il pezzo è veramente onesto, scegliamo la casetta e ci fermiamo.

Smontiamo le valige, ci cambiamo gli abiti da moto e iniziamo l’esplorazione dell’isola.

Uno dei luoghi da non perdere è la villa dell’imperatrice Elisabetta d’Austria, conosciuta come Sissi, che si trova a Gastoùri, dieci chilometri a sud di Kèrkyra. La villa è chiamata Achìllion, perché Elisabetta, che era una grande amante dei miti greci ed in particolar modo di Achille, la costruì in stile neoclassico e la ornò di due grandi statue ed un affresco riproducenti l’eroe. La villa contiene moltissime sculture, dipinti, oggetti d’epoca, ritratti di Elisabetta e del marito Francesco Giuseppe, e possiede bellissimi giardini dai quali si gode un superbo panorama su mare. Al piano superiore della villa è stato ricavato un casinò.

Finita la visita alla villa torniamo a Kèrkyra, a passeggiare nel centro storico. Qui è evidente la traccia di Veneziani, ma anche di Francesi e Inglesi: strade strette, case alte, archi, la vasta “Spianàta” (o Piazza Liston). In alto sorgono le due fortezze veneziane del XVII° secolo.

Ceniamo in un ristorante elegante vicino al nostro residence. La nostra scelta cade su questo a causa della vicinanza, perché la sera fa veramente freddo in moto, e non siamo sufficientemente equipaggiati. Nonostante l’apparenza, il ristorante è abbastanza economico, e inoltre mangiamo molto bene.

Venerdì. Oggi si fa il giro completo dell’isola. Partiamo in direzione nord, costeggiano il mare e passando attraverso bellissime pinete; attraversiamo i paesi di Pòtamos, Dassìa, Ipsos, Kassiopi, Sidari, e arriviamo fino ad Aghios Stefanos, dove ci fermiamo a pranzo.

Arriviamo a Paleokastrìtsa, poi tagliamo verso l’interno dell’isola, dove la strada attraversa boschi e pinete, e passa in mezzo a paesini dove il tempo sembra si sia fermato.

Tornati a Kèrkyra, visitiamo il famoso Monastero della Vergine di Vlakerna, che si trova su un isolotto collegato alla terraferma da uno stretto ponticello.

La sera, andiamo a cena in una taverna conosciuta in tutta l’isola, che ci hanno indicato i proprietari del nostro appartamento. Il posto si chiama “Taverna Tripa”, e si trova nel paesello di Kinopiastes.

Appena entrati capiamo perché è così rinomato: si trova in una vecchia casa tipica, all’interno ha l’aspetto di una cantina: tavolacci antichi, pareti ricoperte di scaffali gremiti di bottiglie di vino ricoperte di ragnatele, quadri che riproducono fotografie con dedica di persone famose che sono venute a mangiare qui da tutto il mondo. C’è anche la foto, con dedica, di una portaerei americana il cui equipaggio, evidentemente, è stato molto contento del servizio. Poi capiamo il perché. Ci sediamo; il tavolo è apparecchiato in maniera veramente rustica, e senza che noi abbiamo il tempo di ordinare iniziano a portarci antipasti, carne e pesce di tutti i tipi, verdure, pastasciutta; ogni portata, oltre che essere sovrabbondante, è ottima e tipica della cucina greca. A metà del pasto siamo talmente pieni che non riusciamo più a mangiare nulla delle portate seguenti, ma solo a sbocconcellarle. Quando pensiamo che sia finito, arriva ancora un’ultima specialità a base di pasta al forno, poi ancora frutta e dolci in quantità industriale. Rischiamo l’indigestione, però abbiamo capito perché questo posto è così famoso. Arriva il conto: 25 € a persona, per la quantità e la qualità del cibo che abbiamo mangiato è un prezzo più che onesto.

Sabato. Siamo alla fine della breve vacanza; nel pomeriggio ci imbarchiamo per tornare a Igoumenitza, dove alle 20.00 ci aspetta la Superfast VII che ci riporterà in Italia. Ci alziamo con comodo, facciamo colazione nel nostro giardinetto privato, e passiamo il mattino a fare un po’ di shopping tra le bancarelle e i negozietti di Kèrkyra.

Sabato sera siamo già sulla nave, con i soliti musi lunghi da “fine vacanze”. Per fortuna ci aiuta un bellissimo panorama: tramonto sul mare, e sullo sfondo la sagoma nera di Corfù e le sue mille luci che brillano nell’oscurità.

 

Aspetti positivi del viaggio, secondo noi:

-                     ricchezza inestimabile del patrimonio storico, archeologico e naturale

-                     la facilità di arrivare in Grecia in tempi brevissimi

-                     non occorre cambiare valuta, anche qui c’è l’Euro

-                     non servono visti o passaporti, non c’è nessuna formalità di frontiera come del resto in tutta l’Europa

-                     la comodità e la sicurezza di un paese europeo

-                     la bellezza incomparabile del mare e delle isole

Aspetti negativi del viaggio, secondo noi:

-                     da quando è entrata nella UE la Grecia ha notevolmente rincarato i prezzi rispetto a qualche anno fa

-                     alcuni luoghi sono veramente molto turistici, con tutti i problemi connessi

-                     attenzione alle moto, molti motociclisti che abbiamo incontrato sono stati vittime o testimoni di furti di moto

Qualche prezzo:

-                     traghetto Superfast da Ancona a Patrasso: 90 € a persona, in cuccetta; 38 € per la moto

-                     pranzo o cena in locanda, da 10 a 15 €

-                     pranzo o cena in un ristorante, da 20 a 30 €

Preparazione moto: Yamaha Tenerè XT600

-                     irrigidito e alzato la sospensione

-                      montato camere d’aria da fuoristrada

Ricambi portati: Yamaha Tenerè XT600

-                     candele

-                      camere d’aria

-                      filo frizione

-                      una bottiglietta d’olio

-                      kit antiforature (Touratech)

Inconvenienti occorsi:

-                     nessuno

Qualche informazione pratica:

-                     la condizione delle strade è buona, ma spesso l’asfalto è molto liscio e con la pioggia diviene estremamente scivoloso

-                     in Grecia si trova ovunque una taverna per mangiare o un albergo per pernottare; nei luoghi turistici, i prezzi sono paragonabili a quelli italiani, mentre dove non c’è turismo si riesce ancora a spendere poco, come 10 € per mangiare e 20 € per dormire. Inoltre, andando in bassa stagione, come avete potuto leggere si riesce a spendere poco anche in località molto famose e turistiche

Chilometri totali percorsi: 3.500

Giorni impiegati 10